di
Dino Ferrando
In Australia, tra i nostri emigrati e
non, è conosciuta come «Mamma Lena». Hanno pubblicato un libro laggiù,
ai nostri antipodi, su di lei: «La storia di Mamma Lena» ed hanno fatto
anche un disco. Dicono di lei, cantano di lei, perché è nel cuore della
gente. In Australia la conoscono tutti. Bergamasca nativa della Val di
Scalve, a sette anni era orfana di mamma e papà. Suo papà, tecnico
controllore alla diga del Gleno a Dezzo, è rimasto vittima dell'ondata
assassina che nel 1923 ha seminato la morte nella vallata dello Scalve,
facendo lo stesso scempio che farà il Vajont – con
me-. no vittime – a Longarone, quarant'anni dopo. |
Dopo la guerra, intanto,
Maddalena Morelli diventa maestra, sposa un triestino, Dino
Gustin, e parte per l'Australia, meta allora di circa trentamila nostri
connazionali. Lena
e Dino hanno alle spalle un onerosobagaglio di traversie. Si erano
appena sposati che lui dovette partire per il
fronte. Lei perde il primo bambino. Anni di penosa separazione, di
mancanza di notizie, di paure, di poco pane
in tavola. Partono per l'Australia con un carico di speranza dicendosi:
«Se ce l'hanno fatta altri, ce la faremo anche noi».
L'Australia chiama gente e loro rispondono al richiamo.
Il primo impatto di tutti gli italiani ,in quel lontano continente mette
i brividi: non conoscono l'inglese, l'accoglienza è quanto di più freddo
si possa immaginare e l'intolleranza verso i nuovi venuti la si legge
lontano un chilometro sui visi e negli atteggiamenti della popolazione
locale. I nostri sono allo sbaraglio.LENA MORELLI in Gustin,
alcuni mesi dopo il suo 'arrivo, si vede mette- re sotto il naso un
microfono e le dicono: «Di' qualcosa ai tuoi connazionali, guarda se
puoi fare qualcosa per loro». Ed essa incomincia,
dapprima con una mezz'ora al giorno, poi due ore, poi sette e otto ore e
poi anche di più. Lascia ogni altra occupazione perché gli italiani
diventano il suo lavoro. Si rivolgono a lei per ogni cosa: per un posto,
per l'assistenza, per un documento, per un'ingiustizia ricevuta, per un
sopruso. E lei si dà da fare per rispondere
ad ogni attesa. Diventa per tutti «Mamma Lena», colei alla quale si può
chiedere tutto. Lei arriverà a tutto, con le autorità italiane, |
con le autorità locali, in alto locate o in
basso, non importa. Se c'è da battere i pugni sul tavolo, lo fa senza
alcuna paura, se c'è da blandire, lo sa fare: ma comunque deve
rispondere ai bisogni di chi si rivolge a lei. Deve farlo: hanno troppa
fiducia nella sua opera perché possano andare delusi.
E se non basta la radio, per arrivare a tutto, ben venga anche il
giornale, «La Fiamma», di cui diventa redattrice e che giunge a
tantissime famiglie italiane. Le autorità hanno imparato a conoscerla:
sanno che non le si può dire di no. Il suo ascendente è enorme, la
sua figura diventa leggendaria, un simbolo per tutti. E la fanno
«cavaliere» le autorità italiane, e, per non essere da meno, quelle
australiane la creano «baronetta». Quando queste le consegnano le
insegne dell' ordine dell'impero britannico la chiamano «il ponte fra
l'Italia e l'Australia» e anche loro, come tutti gli italiani, la
interpellano con il simpatico nome di Mamma Lena.
Ho avuto la fortuna di conoscere da vicino questa donna al convegno
provinciale dell'emigrazione bergamasca tenutosi a San Pellegrino la
settimana scorsa. L'hanno invitata i responsabili dell'« Ente
bergamaschi nel mondo» per darle anch'essi una bella targa di
riconoscimento per i suoi meriti. Una donna semplice, dolcissima ma di
un'energia che ti spiega quanto ha potuto ottenere. Ultimamente, nel suo
nome, è
stata aperta un'opera di accoglienza per minori e vi sono accolti
bambini di ventitré nazionalità diverse. Non è solo la «mamma degli
italiani» d'Australia, è una mamma per tutti.
(Dal «Corriere degli italiani», n. 25)
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