LETTERE DALL'AUSTRALIA - Mamma lena e "LA FIAMMA"
«La Fiamma», un bisettimanale in lingua italiana, abbisognava di una collaboratrice. Chi meglio di Lena poteva occupare tale posizione? Rimase a «La Fiamma» per otto anni.

«Il mio lavoro consisteva nel curare rubriche atte a dare coraggio e conforto ma anche aiuto e sostegno concreto agli emigrati italiani afflitti dai problemi dello sradicamento, della difficoltà di integrazione, della mancata conoscenza della lingua. Così divenni Mamma Lena. Improvvisamente mi trovai inondata di lettere, ma contemporaneamente dovevo continuare nelle mie incombenze di madre: ho potuto continuare solo grazie all'appoggio di Dino».

Come se il lavoro non fosse sufficiente, arrivò poi la richiesta da padre Anastasio per pubblicizzare alla radio 2 SM - una emittente a orientamento cattolico - l'imminente festa di San Giusto. Il successo del messaggio, trasmesso in vernacolo triestino, fu confermato da un afflusso straordinario di gente. Diventa immediatamente la collaboratrice della radio e presenta in anteprima programmi in lingua italiana.
 

La sede de «La Fiamma» a Leichhardt,
nel disegno di Luigi Piacquadio.

Poi dalla 2SM passa alla stazione 2 CH e infine alla 2 KY: per oltre venti anni trasmette ininterrottamente per la collettività italiana d'Australia.

«Controllando un arido resoconto numerico, - racconta Dino — rileviamo che Mamma Lena ha scritto otto anni per "La Fiamma": tre rubriche alla settimana, senza contare servizi esclusivi speciali. Sono 156 articoli all'anno, che danno un totale di 1248 articoli. Se poi si volessero aggiungere gli scritti pubblicati sulla "Croce del Sud", sul "Gazzettino", su "Settegiorni" e altri giornali, si arriverebbe a oltre tremila titoli. Se poi aggiungiamo anche i programmi radio, si arriva a oltre cinquemila fogli che, se venissero pubblicati, richiederebbero la stampa di almeno 25-30 libri di 200 pagine ciascuno». «Che io e Lena lavorassimo in tandem — continua Dino — non è un mistero, perché separatamente né per me né per lei sarebbe stato umanamente possibile sbrigare tutto il lavoro a noi affidato in campi giornalistico, radiofonico e sociale. Se era necessario assentarci dalla nostra sede di lavoro, allora cominciavano i guai perché, lavorando come free lance, specialmente alla radio non era facile farci sostituire. In quegli anni difficili a ogni importante conferenza nazionale, sociale o politica veniva chiesta la nostra partecipazione: nel 1970, ad esempio, la partecipazione di Mamma Lena alla Australian Citizenship Convention a Canberra. Non parliamo poi del periodo nel quale ella fece parte della commissione task force per la formazione della radio etnica».

Oggi è tutto cambiato, sia per la comunità sia per i servizi a sua disposizione. Ma molti anni fa non esisteva alcun servizio e si deve-all'abnegazione degli emigranti tipo i Gustin, se molte sofferenze sono state alleviate.

«In quegli anni di emigrazione di massa — ricorda Dino — per l'Australia era l'anno zero. Non c'erano uffici di assistenza sociale né interpreti, tutti dovevano arrangiarsi. Arrivavano le navi cariche di nostri emigranti, persone sbandate nel caos del dopoguerra, disposte ad adattarsi ai lavori più umili pur di crearsi un avvenire. Magari andavano a tagliare la canna da zucchero o a lavorare al gelo sulle montagne australiane per costruire dighe, ponti e strade; oppure andavano nel caldo infernale del deserto australiano, dove sorgevano tralicci e torri per le linee elettriche. In quel periodo, benché l'Australia sia ben 25 volte più estesa dell'Italia, ovunque arrivava la voce amica della radio e dai posti più impensati arrivavano a Mamma Lena lettere che chiedevano aiuto e conforto».

I momenti più cari di una vita intensa: nel 1965 la dedica di una canzone a Mamma Lena da parte del cantante Nino Cavallaro; l'invito a Roma al congresso Anfe e la consegna della croce di cavaliere al merito della repubblica; l'onorificenza MBE da parte della regina Elisabetta d'Inghilterra.
Recentemente papà Dino, anche lui insignito della croce di cavaliere della repubblica, ha raccolto con pazienza certosina tutti i momenti della vita di Mamma Lena, spesa a favore della comunità: un volume di mille pagine.

Commentando l'idea di dare alla luce questo libro, l'ex ambasciatore Sergio Angeletti ebbe a dire: «Se non si scrive del nostro passato, anche quello della gente umile che ha contribuito allo sviluppo di questo paese, se non si dà una base alle nostre radici, si va a rischio di essere completamente dimenticati».

di MARCO D. VIANI
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ll sobborgo di Sydney appellato Leichhardt, dal nome di un esploratore britannico di questo continente, è sinonimo di Carlton a Melbourne e Campbelltown in Adelaide. È, cioè, un'oasi italiana.

 Una delle tante «piccole italie» attorno al mondo.
Nella sua arteria centrale di Parramatta — nome derivante da un dialetto aborigeno che significa: stagno dove guizzan le anguille — c'è l'edificio che ospita il bisettimanale in lingua italiana....
 «La Fiamma».

 Ad attenderci sono i tre moschettieri: Domenico Morizzi, Giuliano Montagna e Armando Tornari. I tre, solamente tre, che curano l'edizione del giornale più vecchio in lingua italiana pubblicato in Australia.

«La Fiamma» usci per la prima volta il 15 aprile 1947. Fu un inizio difficile, in una veste tipografica ben diversa da quella attuale.

I prigionieri di guerra italiani sono rimpatriati, l'emigrazione di massa non ha ancora avuto inizio, gli sbandati sono tornati alle loro case. La situazione politico-economica italiana è in fermento, non sembra esserci stabilità, non sembra esserci futuro.
L'editoriale del primo numero scrive: «A questo giornale noi abbiamo volto con passione ardente tutti i nostri sforzi e oggi, che ci è consentito di porre fra le vostre mani il primo numero, ci sentiamo orgogliosi di aver vinto le prime difficoltà e guardiamo innanzi con fiducia, confortati dalle ampie promesse.

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