Poi dalla 2SM passa alla
stazione 2 CH e infine alla 2 KY: per oltre venti anni trasmette
ininterrottamente per la collettività italiana d'Australia.
«Controllando un arido resoconto numerico, - racconta
Dino — rileviamo che Mamma Lena ha scritto otto anni per "La Fiamma":
tre rubriche alla settimana, senza contare servizi esclusivi speciali.
Sono 156 articoli all'anno, che danno un totale di 1248 articoli. Se poi
si volessero aggiungere gli scritti pubblicati sulla "Croce del Sud",
sul "Gazzettino", su "Settegiorni" e altri giornali, si arriverebbe a
oltre tremila titoli. Se poi aggiungiamo anche i programmi radio, si
arriva a oltre cinquemila fogli che, se venissero pubblicati,
richiederebbero la stampa di almeno 25-30 libri di 200 pagine ciascuno».
«Che io e Lena lavorassimo in tandem — continua Dino — non è un mistero,
perché separatamente né per me né per lei sarebbe stato umanamente
possibile sbrigare tutto il lavoro a noi affidato in campi
giornalistico, radiofonico e sociale. Se era necessario assentarci dalla
nostra sede di lavoro, allora cominciavano i guai perché, lavorando come
free lance, specialmente alla radio non era facile farci sostituire. In
quegli anni difficili a ogni importante conferenza nazionale, sociale o
politica veniva chiesta la nostra partecipazione: nel 1970, ad esempio,
la partecipazione di Mamma Lena alla Australian Citizenship Convention a
Canberra. Non parliamo poi del periodo nel quale ella fece parte della
commissione task force per la formazione della radio etnica».
Oggi è tutto cambiato, sia per la comunità sia per i
servizi a sua disposizione. Ma molti anni fa non esisteva alcun servizio
e si deve-all'abnegazione degli emigranti tipo i Gustin, se molte
sofferenze sono state alleviate. |
«In quegli anni di
emigrazione di massa — ricorda Dino — per l'Australia era l'anno zero.
Non c'erano uffici di assistenza sociale né interpreti, tutti dovevano
arrangiarsi. Arrivavano le navi cariche di nostri emigranti, persone
sbandate nel caos del dopoguerra, disposte ad adattarsi ai lavori più
umili pur di crearsi un avvenire. Magari andavano a tagliare la canna da
zucchero o a lavorare al gelo sulle montagne australiane per costruire
dighe, ponti e strade; oppure andavano nel caldo infernale del deserto
australiano, dove sorgevano tralicci e torri per le linee elettriche. In
quel periodo, benché l'Australia sia ben 25 volte più estesa
dell'Italia, ovunque arrivava la voce amica della radio e dai posti più
impensati arrivavano a Mamma Lena lettere che chiedevano aiuto e
conforto». I momenti più cari di una vita
intensa: nel 1965 la dedica di una canzone a Mamma Lena da parte del
cantante Nino Cavallaro; l'invito a Roma al congresso Anfe e la consegna
della croce di cavaliere al merito della repubblica; l'onorificenza MBE
da parte della regina Elisabetta d'Inghilterra.
Recentemente papà Dino, anche lui insignito della croce di cavaliere
della repubblica, ha raccolto con pazienza certosina tutti i momenti
della vita di Mamma Lena, spesa a favore della comunità: un volume di
mille pagine.
Commentando l'idea di dare alla luce questo libro,
l'ex ambasciatore Sergio Angeletti ebbe a dire: «Se non si scrive
del nostro passato, anche quello della gente umile che ha contribuito
allo sviluppo di questo paese, se non si dà una base alle nostre radici,
si va a rischio di essere completamente dimenticati». |
di MARCO D. VIANI
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ll sobborgo di Sydney appellato Leichhardt, dal nome
di un esploratore britannico di questo continente, è sinonimo di Carlton
a Melbourne e Campbelltown in Adelaide. È, cioè, un'oasi italiana.
Una delle tante «piccole italie» attorno al
mondo.
Nella sua arteria centrale di Parramatta — nome derivante da un dialetto
aborigeno che significa: stagno dove guizzan le anguille — c'è
l'edificio che ospita il bisettimanale in lingua italiana....
«La Fiamma».
Ad attenderci sono i tre moschettieri: Domenico
Morizzi, Giuliano Montagna e Armando Tornari. I tre, solamente tre, che
curano l'edizione del giornale più vecchio in lingua italiana pubblicato
in Australia.
«La Fiamma» usci per la prima volta il 15 aprile 1947.
Fu un inizio difficile, in una veste tipografica ben diversa da quella
attuale.
I prigionieri di guerra italiani sono rimpatriati, l'emigrazione di
massa non ha ancora avuto inizio, gli sbandati sono tornati alle loro
case. La situazione politico-economica italiana è in fermento, non
sembra esserci stabilità, non sembra esserci futuro.
L'editoriale del primo numero scrive: «A questo giornale noi abbiamo
volto con passione ardente tutti i nostri sforzi e oggi, che ci è
consentito di porre fra le vostre mani il primo numero, ci sentiamo
orgogliosi di aver vinto le prime difficoltà e guardiamo innanzi con
fiducia, confortati dalle ampie promesse. |