Allorché fu presentato "Il crepuscolo degli dei" non
furono pochi coloro che si chiesero come mai per un simile tema Luchino
Visconti non avesse fatto ricorso al commento di qualche sinfonia di
Gustav Mahler, il grande compositore mitteleuropeo che la nostra
generazione va tardivamente ma fervidamente
scoprendo.
Alla stregua, appunto, di quanto lo stesso Visconti aveva fatto anni
addietro per "Senso", commentato con la "Romantica" di Bruckner. Poi il
mistero si è
chiarito. Visconti si conservava Mahler per migliore occasione. E la
migliore occasione si chiamava "Morte a Venezia": un film cui Mahler è
stato chiamato a
"collaborare" non soltanto con brani sinfonici ma addirittura come
modello per l'immagine del protagonista, che Thomas Mann, nel suo
racconto, ideò quasi
au- tobiograficamente scrittore e nel film è invece divenuto
compositore: ferme restandone le componenti psicologiche da
intellettuale "decadente".
Tale trovata ci pare geniale. Il fosco e morboso senso di tragedia
scosso da improvvisi guizzi d'ironia ma poi dolorosamente acquietantesi
sotto l'ineluttabile ala della morte, senso che la musica di Mahler
perfettamente rende con le sue ampie eppur tortuose volute
architettoniche ed i suoi straziati disfacimenti ritmici e timbrici,
crea in modo mirabile intorno al personaggio manniano di Aschenbach il
clima di estrema dissoluzione (non dissolutezza) che gli si addice.
Aschenbach giunge a Venezia già votato ad essere distrutto, l'arte non
basta più a riempire la sua vita, i suoi occhi osservano sbigottiti un
mondo da cui non
sanno trarre nuovi succhi vitali.
E quale modo migliore per annunziare ciò poteva immaginarsi, se non
quello splendido inizio di film, con la macchina da presa che,
sollevandosi dalle tetre
acque della laguna, coglie la nera silhouette della nave in arrivo
contro uno squarcio di cielo misteriosamente policromo, mentre
l'Adagietto della Quinta
Sinfonia si apre nella sua frase più lancinante ?
Certo, al fraseggio sinfonico di Mahler (1860-1911) bisogna fare un po'
l'orecchio. Parlo naturalmente per coloro che, anche avendo una buona
conoscenza
delle musiche a cavallo tra Ottocento e Novecento, non hanno avuto molte
occasioni di accostarsi a questo grande compositore a lungo considerato
troppo
avanguardistico dai tradizionalisti e troppo romantico dai modernisti.
In realtà, senza rompere sentimentalmente con il passato, egli spianò la
via ai più liberi
linguaggi del secolo nuovo facendo esplodere (dall'interno) le
tradizionali strutture armoniche e formali. Le sue Sinfonie assommano a
nove, come quelle di
Beethoven, nonché di Schubert, Dvorak e Bruckner. Una decima, lasciata
incompleta, è stata ricostruita di recente. Seconda, Terza e Quarta
comportano
almeno un movimento cantato frammisto a quelli puramente orchestrali. L'
Ottava è in fondo una cantata vera e propria, basata sulla scena finale
del "Faust".
Ed è significativo che sul punto di essere incluso nel novero fu anche
"Il canto della terra": un insieme di sei liriche per tenore, contralto
(o baritono) e
orchestra, che, sinfonia o non sinfonia, fra tutte le opere mahleriane è
forse la più bella e certo la più celebre.
I brani scelti da Visconti per "Morte a Venezia", ed eseguiti nel film
come in questo disco dall'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia
sotto la vibrante
direzione di Franco Mannino, sono comunque tra quelli di più immediato
ancorché sottile impatto. Abbiamo già accennato all'Adagietto, sublime
quarto
movimento della Quinta, composta nel 1902. Ad esso si unisce il quarto
movimento della Terza, del 1896. E mentre quello è una pura pagina
orchestrale in
mezzo ad una sinfonia di cinque movimenti (il primo dei quali, tanto per
restare in tema, è una Marcia Funebre), questo proviene da un contesto
più
composito, di sei movimenti, ed è in pratica un LIED per contralto e
orchestra dal titolo "O Mensch, gib Acht" ("Badate, o uomini!"). La voce
solista, di
suggestivo e vellutato timbro, appartiene ad una grande cantante
nordamericana di colore, Lucretia West.
Un microsolco della colonna sonora del capolavoro visconteo non sarebbe
stato però completo se, all'ombra della dominante personalità di Mahler,
non vi
fossero entrati altri tre movimenti musicali di varia origine. Uno è la
canzone dei cantastorie "Chi con le donne vuole aver fortuna". Un altro
è il celebre brano
pianistico "Per Elisa" di Beethoven. Il terzo, particolarmente
suggestivo, è la "Ninna Nanna" di Modesto Mussorgski che sullo schermo
annuncia la morte di
Aschenbach. La canta Mascia Predit, un indimenticabile soprano che
Visconti, girando il finale del film, ebbe la lieta sorpresa di trovarsi
tra le comparse.
Difficilmente una voce muliebre senza alcun sottofondo musicale avrebbe
potuto meglio rendere l'angoscia di quell'estremo commiato dalla vita e
dalla
bellezza.
GUGLIELMO BIRAGHI
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